La mindfulness come strumento per combattere ansia e depressione

Certamente avrai sentito dire che la mindfulness è utile per ridurre problemi come l’ansia e la depressione. Questo non si può negare: la pratica di cui parlo ci aiuta a stare meglio con noi stessi, a concentrarci sul presente. Ad allontanare tutte le preoccupazioni che ci portano a rimuginare. Come potrebbe, quindi, non servire contro lo stress, l’angoscia, la tristezza?

Quello che dobbiamo fare, però, è andare con ordine e chiarire tutti gli aspetti di questo discorso. Voglio subito precisare una cosa, a scanso di equivoci: la mindfulness è uno strumento che ci sostiene in tutte queste situazioni, ma va comunque inserita in un percorso di guarigione adatto. È un supporto – importantissimo, senza dubbio – ma chi soffre di un disturbo non può affidarsi soltanto a questa disciplina.

Ti ho scoraggiato? Spero di no! Chi si dedica alla mindfulness acquista un mezzo in più per fronteggiare gli ostacoli quotidiani. Impara come mantenere la mente focalizzata sul momento, sull’hic et nunc – per dirla alla latina! Niente timore per il futuro, niente rimpianto per il passato. Ciò che stiamo vivendo, in questo istante, è la sola cosa che conta.

In termini semplici, la mindfulness non è la terapia in sé. È una base per far sì che la terapia funzioni in maniera ottimale. Il nostro spirito è invaso dall’armonia. Siamo sempre più in grado di gestire le nostre emozioni. Non ci lasciamo dominare dalla rabbia, dalla paura e così via, ma raggiungiamo uno stato di totale equilibrio e siamo capaci di “visualizzare” tutto quello che proviamo dall’esterno. In modo oggettivo, non giudicante.

Questo traguardo è fondamentale nella lotta a patologie come la depressione e l’ansia! I cattivi pensieri vengono scacciati, l’umore migliora, siamo più sereni e tranquilli. In generale cambia il nostro atteggiamento nei confronti delle difficoltà, che non appaiono più così insormontabili.

Cos’è la mindfulness?

Tuttavia, prima di approfondire ancora di più, desidero spiegarti cos’è esattamente la mindfulness. Ti va di leggere qualche curiosità sull’argomento?

Il vocabolo non è altro che la traduzione di sati, che in lingua pali si traduce come “attenzione consapevole”. Si diventa, cioè, più consci di sé stessi: ci si rivolge verso l’interno, verso il proprio io, e di conseguenza si comprendono meglio anche tutti gli elementi del mondo esterno. No, non è un paradosso!

Immagina di essere bloccato nel traffico – che situazione insopportabile! – e di essere in ritardo per un appuntamento di lavoro. Sei in balia del nervosismo, che cresce, cresce, cresce. Ti aspetti una strigliata del tuo capo, un richiamo, un rimprovero. Man mano che i minuti passano inesorabili inizi a ipotizzare gli scenari peggiori, addirittura il licenziamento.

Ma quali vantaggi potrai mai trarre da questo comportamento catastrofico? Forse la strada si sbloccherà all’improvviso, le auto riprenderanno il tragitto come per magia? Non credo proprio. Ne ricaverai soltanto un gran mal di testa, o magari di stomaco, e sarai meno brillante con i tuoi colleghi quando riuscirai ad arrivare. Capisci che lo stress non solo è vano, ma è anche dannoso?

So che te lo stai domandando: non è possibile ottenere un risultato efficace in pochi giorni, ma sono necessari mesi, anni di mindfulness per tenere sotto controllo le sensazioni. È importante apprendere come respirare correttamente, come incanalare e direzionare la propria energia, come accogliere l’oggi senza temere il domani.

Ecco perché quest’arte è tanto valida in ambiti come la psicoterapia! Ovvio, non si può sostituire alla psicoterapia vera e propria, ma si affianca al trattamento, ci predispone a esso. È una soluzione per contrastare le inquietudini che ci tormentano e che ci fanno arrovellare. Per superare i singoli episodi di ansia e di depressione che peggiorano la qualità della nostra vita.

Il ruolo di Jon Kabat-Zinn

Hai mai sentito nominare Jon Kabat-Zinn? Un grandissimo studioso: un ricercatore presso la Massachusetts Medical School, grazie a cui è stato compiuto un notevole passo in avanti nel campo della mindfulness. Per la precisione, riguardo il legame tra mindfulness e diminuzione dello stress.

Cosa ha fatto Kabat-Zinn? Nel 1979 ha creato la Stress Reduction Clinic, basata sull’applicazione di alcuni precetti del buddismo e tecniche di meditazione. In parole povere, la mindfulness inizia a essere riconosciuta come uno strumento per limitare gli stati d’ansia!

A Jon Kabat-Zinn dobbiamo un protocollo chiamato MBSR: Mindfulness Based Stress Reduction[1]. Mi riferisco a un autentico percorso, che insegna a gestire la sofferenza emotiva, i dubbi e le preoccupazioni. A guardare la realtà con occhi obiettivi. A essere consapevoli, appunto, di noi stessi e della nostra esistenza, cogliendone la bellezza intrinseca. Lasciando andare la paura e la tristezza.

Il ruolo di Kabat-Zinn è stato indispensabile! Egli ha ispirato tantissime teorie successive, tra cui il protocollo Mindfulness Based Cognitive Therapy (MBCT). È così che la mindfulness diventa, ufficialmente, un mezzo per prevenire la depressione.

Una piccola parentesi: lo sapevi che questa pratica è utile addirittura per curare l’insonnia e il dolore che dipende da malattie come la fibromialgia e la sclerosi multipla? Nel primo caso ti cito le indagini di Gross[2], nel secondo di Creamer[3] e di Mills & Allen[4]. Non diremmo mai che la mindfulness risolve questi problemi, ma che ci aiuta moltissimo a combatterli. Lo stesso vale per l’ansia e per la depressione!

Mindfulness, ansia e depressione

Il nostro organismo è come una macchina: una macchina complessa, in cui ogni minimo ingranaggio è essenziale per il buon funzionamento del tutto. È per questo che i disturbi che colpiscono la psiche sono pericolosi anche per il corpo.

L’ansia causa tensione ai muscoli, gastrite, ulcere allo stomaco, emicranie, tachicardia, vertigini. La depressione, a sua volta, è connessa a sintomi come i crampi all’addome, il mal di testa, i fastidi alla schiena e alle articolazioni.

La mindfulness è alleata tanto del nostro spirito quanto del nostro fisico. Del resto è tutto collegato!

Conoscerai tutti i migliori metodi per concentrarti sull’attimo presente, e non ti soffermerai più su ciò che in passato ti ha provocato dispiacere. Hai litigato con una persona cara, hai sperimentato un fallimento sul lavoro? Hai perso qualcuno, sei in preda alla nostalgia, alla malinconia, all’impazienza? Al malumore?

Capita a tutti, non è così? Ma la mindfulness è nostra complice: un’amica preziosa, che ci trasmette una maggiore capacità di accettazione e di consapevolezza (e autoconsapevolezza). Sarà un po’ come rinascere, come imparare di nuovo a esistere!

Qualche consiglio per iniziare con la mindfulness

Sei alle prime armi e non sai da dove cominciare per dedicarti alla mindfulness? Non temere, ci sono qui io per darti qualche suggerimento!

Per esempio, dovresti:

  • contattare un professionista per farti seguire, almeno nelle prime fasi;
  • in alternativa, documentarti con libri e video;
  • preparare un setting adatto, una stanza tranquilla e silenziosa, con una temperatura né troppo alta né troppo bassa;
  • convincerti, come presupposto, che i risultati non si vedranno subito e che il percorso è graduale.

Siediti, cerca una posizione comoda. Chiudi gli occhi, inspira dal naso, espira dalla bocca. Soprattutto se stai attraversando un periodo complicato, ti verrà spontaneo porre il focus sui tuoi ostacoli. Su ciò che ti angoscia. Sul volto di colui che ti ha abbandonato. Sulla parte del corpo che ti fa male. Sulla carriera a cui hai dovuto rinunciare. Su quella persona che ti manca tanto.

È questo l’istante in cui devi fare maggiore attenzione! I pensieri ansiosi e depressivi sono in agguato, ma tu devi innalzare la tua barriera e respingerli. Proprio come si fa in battaglia! La mindfulness potrebbe essere paragonata a una specie di lotta pacifica, che ti regalerà una vera armatura protettiva.

Ti consiglio di partire con il cosiddetto body scan. Sì, è proprio quello che stai immaginando: una sorta di scannerizzazione del tuo organismo, dalla cima della testa alle dita dei piedi. Passa in rassegna tutte le “sezioni” che ti compongono, all’interno e all’esterno. Visualizzale nella tua mente. Osservati da fuori. Acquista familiarità con ogni sensazione.

Se, mentre svolgi l’esercizio, provi un prurito o un fastidio, resisti alla tentazione di grattarti e diventa conscio anche di questo. Se possibile, non muoverti: conosci te stesso. Uno dei precetti più importanti che ci giungono dagli antichi maestri, il quale è fondamentale quando si intraprende questa disciplina!

I pilastri della mindfulness

Per contrastare l’ansia e la depressione è necessario…rafforzarsi. Può sembrare una frase fatta, ma lo intendo nel senso più intimo e profondo del termine.

È come succede con gli edifici: i più resistenti sono quelli che si reggono su pilastri robusti. Su colonne portanti solide, in grado di durare nel tempo. Quali sono quelle della mindfulness?

  • l’assenza di giudizio. Devi, cioè, essere completamente imparziale verso di te;
  • l’accettazione. Rimuginare non ti porterà a trasformare le cose a tuo piacimento;
  • la fiducia in te stesso. Non è il caso di fare affidamento sulle persone sbagliate;
  • l’autocomprensione, senza accusarti;
  • la rinuncia al desiderio di qualcosa che non fa parte della tua vita.

La prima attitudine essenziale, comunque, è la mente del principiante. Manda via la rassegnazione. Rivolgiti a te, e al mondo, come se scorgessi tutto per la prima volta. Come un bambino appena nato, ma dotato di un certo bagaglio di esperienze.

Ridurre lo stress e la tristezza con la mindfulness

Ci sono dei terapeuti che ritengono che la mindfulness possa eliminare del tutto l’ansia e la depressione. Ciò sarebbe superficiale, allo stesso modo di chi la ritiene inutile!

Quest’arte ci offre tantissime prospettive. Ci “prende per mano” e ci guida lungo la via della guarigione. Chiaramente la cura è soggettiva e personalizzata, in base alla gravità del disturbo. Ma la mindfulness è un autentico “minimo comune denominatore” a tutti i trattamenti!


[1] https://search.proquest.com/openview/fef538e3ed2210c1201ef2a946faed43/1?pq-origsite=gscholar&cbl=29080

[2] Gross et al., 2011.

[3] Creamer et al., 2000.

[4] Mills & Allen, 2000.

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